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La parola del mese: Ronc

11 maggio 2020

Ronc, o terreno dissodato

Percorrendo la Valle d’Aosta, ci si imbatte spesso in località che portano il nome di Ronc o Ron, con diverse forme suffissate, attestabili pure in antichi documenti o nella tradizione orale, quali Ronchettes, Ronchailles, Ronchailly, Ronchalliaz, Ronchet, Rontset, Rontchats, ecc. Ronc, Ronco, Ronchet, Ronchail appaiono anche come cognomi di famiglie locali. Il toponimo Ronco e altre denominazioni di questo genere sono, secondo gli studiosi, molto diffusi nell’Italia Settentrionale, indicano generalmente insediamenti rurali e, per quanto riguarda la loro origine, si fanno risalire al latino runcus, “terreno incolto”, poi divelto, da runcare, “purgare acrum a sentibus”, ossia, ripulire il campo dai rovi. Alcuni esempi: Ronco Canavese (to), Ronco Biellese (bi), Roncofreddo (fo), Roncola (bg), Roncone (tn), Roncà (vr), Roncade (tv), Roncadelle (bs).

La voce ron è dunque un deverbale di ronqué, con le varianti roncà, rontché, rontsé, roncaché, il cui significato è quello di “dissodare”, continuatori del latino runcare, di significato analogo. Esistono anche forme con prefisso, quali arrontsé, arrontsì, arrountchér, arrontchà, darantsì, verbi che generalmente possono anche essere sinonimi di “strappare”. Si può inoltre riscontrare il deverbale rontso, nella locuzione fée eun rontso che esprime sempre lo stesso concetto di creare un terreno coltivabile. Un altro termine, per certi versi sinonimo di ron, e diffuso anche in toponomastica, è novaillo, “terreno recentemente dissodato e messo a coltura”, dal latino novalis, di significato analogo ma che ha assunto talora l’accezione di “maggese”.

Nella toponomastica della Svizzera romanda, troviamo denominazioni quali Ronquoz, Ronques, “terrain défriché”, deverbale del patois roncâ e Novalle, Novalletaz, Novel, Novelet, Novallys, “terre nouvellement défrichée et mise en culture”. Tra i sinonimi delle due voci precedenti, si possono attestare Eterpas, Eterpaz, ecc., dal latino exstirpare “défricher par arrachage des troncs”, che trovano un corrispondente nel termine éterpa di diverse parlate valdostane, nel significato di “zappa”, “zappa d’acqua”, attrezzo che veniva, e talora viene utilizzato ancora, per operazioni analoghe.

Oggi, grazie alla meccanizzazione dell’agricoltura, il dissodamento di un terreno è un’operazione relativamente semplice rispetto al passato. Un tempo infatti presupponeva un duro lavoro, difficile da esprimersi a parole, che l’Abbé Henry così sintetizza: « D'abord il s'agit d'un terrain souvent très en pente où même les mulets ne se tiennent pas debout, ou ne peuvent arriver; puis c'est un terrain tout rempli de racines d'arbres et où il y a autant et plus de pierres que de terre. Alors, il faut creuser et arracher ces racines; puis extraire une à une les grosses pierres, les jeter au fond du ronc pour faire le mur de soutènement du futur champ; puis ensemencer cette terre, dans laquelle même après retournée, il reste encore autant de petites pierres que de terre. Voilà le ronc de la montagne : les champs, les prés de la montagne ont tous été faits ainsi : toute la terre qu'ils contiennent est passée, pellée par pellée, sur les bras du ronqueur ou roncaté. Que je sache, il n'y a pas de termes français qui indiquent bien la chose : ce n'est ni défricher, ni défoncer, ni rompre, ni tourner, ni retourner, c'est ronquer ».

Testo scritto da Saverio Favre

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