“Una vera tradizione non è la testimonianza di un passato concluso, ma una forza viva che anima e informa di sé il presente.”
Igor Stravinskij
Perché comporre e cantare in patois? Certamente non per scalare le classifiche della radio, della televisione, di Youtube e per fare business.
Lo è certo per piacere, per attaccamento alla propria terra, ad una lingua che potrebbe anche sparire, per sapere chi si è e per accogliere l’altro consci della propria identità; per rivivere interiormente le emozioni e le sensazioni delle generazioni precedenti che, con le parole, si sono appropriati del territorio e lo hanno letto e descritto, con le parole, appunto; per toccare le radici attraverso i sensi di oggi e non certo soltanto per nostalgia.
La decisione di fare di un idioma, a lungo osteggiato con divieti e marchi apposti, un mezzo di comunicazione artistica è resistenza e il canto diventa un atto poetico, un atto politico che crea e sa ricreare per non perdere non soltanto una lingua, ma un modo di pensare, di leggere il mondo e di proporsi andando al di là dei toni folkloristici.