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La penna

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«Oh, un po’ di luce, per fortuna! Ciao bambini! Sono la penna! Hanno fatto scivolare il coperchio dell’astuccio di legno, mi hanno presa e, voilà, mi hanno tirata fuori!»

La classe

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Insieme al pennino, alle matite nere e al coltello per fare la punta, ero là dentro, un po’ stretta, e ora mi trovo in compagnia di altri amici: il quaderno a righe, quello a quadretti, il botticino dell’inchiostro, la carta assorbente per asciugare le macchie.

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Gira di qua, gira di là, sono stata in tutta la Valle, in tutti i villaggi, anche i più piccoli e fuori mano: c’erano scuole ovunque. Piccole stanzette, spesso sopra la latteria o il forno o nel municipio, con molti bambini, di tutte le classi; grandi banchi di legno con le panche per sedersi a due a due, una lavagna nera e una stufa a legna che i più grandi accendevano al mattino per scaldarci tutti.

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C’era anche una camera o un piccolo appartamento per la maestra, a volte anche per tutta la sua famiglia. E il bagno? Era fuori, attaccato al muro oppure in un angolo dell’aia.

La maestra tutti i lunedì controllava che i bambini fossero puliti: le mani, la testa, il collo, le orecchie e il grembiule… E, prima di iniziare la giornata, bisognava pregare e cantare i cantici.

«Dai, bambini! Mettetevi in fila!»

La lezione

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La maestra era tutta sola con tutta quella banda di bambini.

Insegnava tutto a tutte le classi: matematica, francese, italiano, storia, geografia e i bambini studiavano tutto su un unico libro.

Quasi tutti parlavano il patois e spesso la maestra non era molto contenta di ciò.

«Coraggio bambini, l’italiano lo imparerete a scuola pian piano!»

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Alla fine della quinta bisognava almeno saper leggere, scrivere e far di conto e c’era perfino un esame con degli insegnanti che arrivavano da fuori. Che imbarazzo!

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«Mettetemi un pennino nuovo e via!»

Fate i bravi bambini! Dovete stare zitti e non far arrabbiare la maestra, altrimenti andate a finire dietro alla lavagna in ginocchio o, peggio, vi prenderete una bacchettata sulle dita! E poi, dovete imparare anche a scrivere per bene…

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«Fate attenzione, altrimenti…»

Il mio pennino grattava sulla carta per tracciare delle righe, tante righe diritte all’inizio; poi delle belle lettere rotonde, un po’ inclinate e sottili, senza passare la riga…

Ma attenzione a non immergermi troppo nell’inchiostro, altrimenti… Che pasticcio su quei quaderni! Il pennino sgocciolava ovunque!

Quanto erano contenti i bambini quando in primavera andavano a fare delle passeggiate! E, se la maestra non era del villaggio, erano loro stessi a dirle il nome di quel prato, di questo bosco, di quel sentiero, di quei grandi alberi o delle montagne tutte intorno!