La coltivazione del mais da polenta è diffusa in tutta la Valle d’Aosta. Coltivato sino a circa 1.000 m di altitudine negli orti o, in veri e propri campi, il mais predilige i terreni sabbiosi e le buone esposizioni.
La coltura del mais arrivò molto tardi in Valle d’Aosta, solo nel XVIII secolo.
Per circa due secoli la polenta è stata l’alimento quotidiano di molte famiglie valdostane. La farina di mais era sovente oggetto di scambio con patate e formaggio. A Donnas era consuetudine preparare le miasse, un impasto di acqua e farina da polenta cotto sul fuoco del camino tra due ferri di forma rotonda. Ne risultava una cialda croccante utilizzata come pane. Negli orti era consuetudine seminare i fagioli rampicanti alla base del mais, affinché quest’ultimo fungesse da supporto. Le foglie verdi della pianta erano molto apprezzate dagli animali, mentre secche erano utilizzate per imbottire i pagliericci.
La semina del mais è normalmente eseguita dalla fine del mese di aprile, secondo l’altitudine e le condizioni climatiche. Per crescere la coltura necessita di temperature non troppo basse (si dice abbia bisogno di caldo). Alcuni maiscoltori, seguendo i dettami della saggezza tradizionale, seminano il mais nella planetta (costellazione) del Sagittario e dei Pesci. Normalmente l’operazione è eseguita manualmente, a file, interrando il seme a pochi centimetri di profondità Nelle realtà più professionali, o in presenza di appezzamenti di maggiori dimensioni, la semina è eseguita meccanicamente.
La coltura del mais necessita di molta acqua: si provvede ad irrigare con costanza la coltura (per scorrimento o ad aspersione) una volta la settimana.
Il periodo di raccolta è molto diverso in funzione della varietà: alcune, precoci, hanno un ciclo più breve, altre maturano più lentamente. Normalmente nel mese di novembre i campi sono raccolti. La completa essiccazione della pianta segna il momento opportuno. Quest’operazione è eseguita a mano o mediante trebbiatrice, preferibilmente in luna calante. Le pannocchie appena raccolte hanno ancora un livello di umidità che non permette la macinazione. Pertanto, sono poste ad essiccare in un luogo riparato, asciutto ed aerato, come un solaio.
Nella maggior parte dei casi sono legate mediante le foglie a due a due ed appese a cavallo di un filo.
Nella primavera successiva il maiscoltore, raggiunta la corretta essiccazione, sgrana le pannocchie. Il tutolo è comunemente bruciato nella stufa. Normalmente, i semi sono immediatamente macinati.
Si macina in luna calante affinché la farina si conservi più a lungo. Il tipo di lavorazione della farina dipende dal gusto personale, tuttavia in Valle d’Aosta si tende a macinare farina a grana grossa. Nelle piccole realtà familiari la farina così ottenuta è conservata sottovuoto o in sacchetti di tela in congelatore fino al momento del consumo. Oggigiorno la polenta è mangiata in occasione di momenti di festa, quando si è numerosi, in famiglia o con gli amici. La sua preparazione è molto semplice: acqua, sale e farina. La polenta deve cuocere a lungo ed essere mescolata regolarmente. Meglio se preparata sul fuoco a legna, in quanto prende un sapore diverso. Una volta cotta è normalmente versata su di un tagliere (la polenta valdostana è soda), quindi tagliata con un filo.
Grassa (con l’aggiunta di burro e fontina ) o magra (sorda), rosolata, la polenta è sempre apprezzata.