Tic...tic... tic... i colpi del martello battono la falce sull'incudine, come il tic tac ritmico dell'orologio che segna il tempo che passa, in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo che apre le porte a ricordi dai colori sfumati e dal sapore agrodolce.
Ecco le poesie di Elio Bertolin, che si inserisce tra i poeti del "terroir", cantori del proprio paese, delle cose semplici e della vita quotidiana, dell'idillio di un mondo bucolico che ha ceduto il passo ai tempi moderni e al cambiamento. Lo tsandzemèn ("il cambiamento") è proprio il titolo di questa raccolta in cui l'autore ci presenta uno scorcio della vita di un tempo ad Arnad, attraverso testi in prosa e in poesia, tra i quali alcuni scritti dalla madre che ha saputo instillare in lui la vena poetica.
L'organizzazione dei diversi nuclei tematici trattati, che seguono le quattro stagioni con i diversi momenti che le caratterizzano, trasforma l'opera in una sorta di annuario che evoca il carattere ciclico degli avvenimenti che si producono nel corso di un anno. La grande ricchezza di questa libro risiede, tuttavia, nella scelta della lingua veicolare, il patois, lingua del cuore dei valdostani che, meglio di qualunque altra, sa esprimere l'anima più autentica di una comunità.
Nella fattispecie, è il patois di Arnad che ci fa sentire tutta la sua musicalità e che esprime la sua vitalità rendendo onore agli Arnayot i quali, grazie all'attaccamento alle proprie tradizioni, hanno saputo mantenerlo vivo e trasmetterlo ai giovani.