Dicembre 2018
Prima del 1950, in Valle d'Aosta, il Natale era una festa religiosa e familiare, caratterizzata dalla Messa, la mangiatoia e qualche lusso alimentare in famiglia. L'abitudine di scambiarsi regali tra adulti non era diffusa. Nulla di speciale era previsto per i bambini, per i quali la festa era piuttosto quella dei Re, dell'Epifania. Essi ricevevano all'interno delle calze appese o negli zoccoli una manciata di castagne, qualche caramella e, nella migliore delle ipotesi, un cioccolato.
Il nome Epifania è di origine greca e significa apparizione. La festa liturgica commemora tre eventi che sono caratterizzati da un'apparizione: il battesimo di Cristo e la discesa della Spirito Santo; il primo miracolo alle nozze di Canaan, prima apparizione pubblica di Cristo; l'adorazione dei Magi e l'apparizione della stella cometa. L'Epifania privilegia solamente una delle apparizioni del calendario liturgico. San Matteo è l'unico evangelista che ricorda l'adorazione dei Magi e senza fornirci troppi dettagli. Il loro nome, la loro cultura orientale e il fatto che fossero dei re sono delle caratteristiche che sono state aggiunte in seguito alle sacre scritture, ma che hanno stimolato l'immaginazione delle persone.
In Valle d'Aosta la festa non era particolarmente solenne: si faceva la <> (carità). Ogni villaggio aveva, di fatto le sue tradizioni. A Etroubles, Verrayes e Lilianes una luce su un filo teso attraverso la chiesa evocava la stella cometa. A Champorcher, per ricordare il battesimo di Cristo, si benediceva l'acqua destinata al bestiame e agli animali per preservarli dai malefici.
Un'altra abitudine affermata era quella della torta dei fornitori. Probabilmente era la torta di fave, nella quale si facevano cuocere una o due fave intere. Una volta che la torta veniva tagliata, chi rinveniva nella propria fetta la fava aveva diritto a qualche cosa. A Challand Saint Anselme, la ragazza che trovava la fava si sarebbe sposata entro l'anno.
A Arnad, con un'allusione evidente alla coda della cometa, i giovani avevano l'abitudine di fare <> (la scia dei re): con della paglia, della cenere o con la terra, disegnavano una scia che univa le porte di casa di due innamorati.
A Gettaz, sopra Champdepraz, si suonavano le campane della cappella e i bambini facevano il giro delle famiglie del villaggio che offrivano loro dei dolcetti.
La gente aveva anche l'abitudine di mettere l'albume in una bottiglia piena d'acqua, fuori, il giorno dell'Epifania per vedere i Re Magi.
Oppure mettevano, la sera prima, sulla finestra all'esterno, una scodella piena d'acqua. Il mattino, ciascuno si precipitava a vedere la forma e i disegni che l'acqua aveva fatto. Se l'acqua non era ghiacciata era un cattivo presagio. Quando gelava, invece, si cercava di leggere e interpretare il disegno sul ghiaccio. In questo modo si poteva divinare il futuro, una nascita, una morte, un mestiere.
Il giorno dei Re Magi era in Valle d'Aosta, soprattutto, il giorno in cui i bambini ricevevano dei doni: castegne, noci, mandarini, cioccolata, una bambola di stoffa, le piccole cose che la famiglia poteva permettersi. La vigilia pulivano i loro zoccoli o appendevano le loro calze pulite e, il mattino dopo, vi trovavano i doni dei Re Magi.
Questa tradizione rimane viva in Valle d'Aosta fino agli anni 1930 quando la propaganda fascista diffonderà la <> .
Questa storia straordinaria di tre personalità orientali e misteriose che vedendo una stella cometa la seguono per anni per andare ad adorare un bambino destinato a cambiare il destino della terra e per portargli in dono ciò che avevano di più prezioso non scandisce più l'attesa dei bambini che appendevano le loro calze ai piedi del letto per ricevere un piccolo dono da parte dei Magi. Non rimane, purtroppo, che il ricordo e qualche barlume di una tradizione che qualcuno ancora mantiene.
Testo tratto dall'articolo "Il y avait autrefois les Rois..." di Alxis Bétemps, 2003