Eccoci arrivati, tra rinvii e discussioni, all'appuntamento con le votazioni che, per questa tornata, pongono il cittadino valdostano di fronte a ben tre importanti decisioni: il rinnovo dei Consiglio comunale in molte località, l'elezione dei consiglieri regionali e, infine, il referendum confermativo sul numero dei parlamentari.
Nonostante la tendenza attuale sia caratterizzata da un disinteresse generalizzato per la politica, testimoniato da un declino costante dell'affluenza alle urne, in Valle d'Aosta il tema politico è molto vivo, soprattutto dal punto di vista dell'elettorato attivo. La passione per la cosa pubblica è ben radicata, forse per la storia particolare della nostra regione che, anche in tempi di monarchie assolute, ha avuto ampi margini di autonomia.
La cultura, di cui la lingua è veicolo, non può che testimoniare ulteriormente questo amore, a partire dal fatto che praticamente tutte le varietà di francoprovenzale valdostano possiedono il termine "politica": polétécca, polètecca, poleteucca, pouleteucca, poulitécca, fino ad arrivare a poulìtica/polìtica di alcune località della Bassa Valle (Champorcher, Arnad, Montjovet, per esempio), che presentano un arretramento dell'accento tonico, forse per influenza dell'italiano. Si tratta di termini che, come tutti gli analoghi delle lingue nazionali, derivano dal latino politice, "relativo al governo degli uomini", a sua volta derivato dal greco.1
Presente ovunque è anche il termine usato per indicare il sindaco. Anche in questo caso, tutte le mille varietà fonetiche - da santécco a Brusson a senteucco in quasi tutta l'Alta Valle, da sendic ad Ayas a seuntécquio a Fontainemore - sono riconducibili allo stesso etimo, vale a dire al latino syndicus (altro prestito dal greco) che aveva il significato importantissimo di "difensore"2 (e in effetti dalla stessa parola arriva anche il termine "sindacato").
Alla figura del sindaco è legata un'antica tradizione valdostana: quella della planta di senteucco, l'albero sradicato, sramato e piantato nei pressi dell'abitazione del primo cittadino. Il rituale ha una storia antichissima, anche se in origine nulla aveva a che vedere con le questioni politiche. Si trattava probabilmente di un uso caratteristico delle cerimonie nuziali di epoca romana, che aveva l'obiettivo di propiziare la fertilità della coppia.3 Forse, proprio alla fecondità, anche se non propriamente biologica, si deve il passaggio al significato attuale: un buon auspicio per la prosperità del proprio territorio.
Infine, parliamo del luogo dal quale il sindaco eletto amministra il proprio comune, anche se il municipio rappresenta molto di più, soprattutto nei nostri piccoli centri: può essere considerato un punto di riferimento per l'intera comunità, un luogo di incontro, di dibattito. Nei patois valdostani, troviamo diverse espressioni per indicarlo. Solo per fare qualche esempio, nel capoluogo regionale è la mèizón quemin-a, letteralmente "casa comune"; a Courmayeur si parla di méijón dé quieméra (da notare l'interessante rotacizzazione della consonante nasale etimologica, tratto caratteristico della parlata di questa località); alla Magdeleine abbiamo il méquio quemeunna, con la propria variante lessicale per "casa"; ad Ayas c'è la tchambra quemeuna, dove alla "casa" è stata sostituita la "camera"; a Perloz si dice, infine, semplicemente quemeunna ecc.
Come è evidente, in tutte queste espressioni, ciò che più di tutto viene messo in rilievo è il senso di comunione, di comunità che deve stare alla base di una buona gestione del territorio. E allora, che questo sia guida e il buon proposito per tutti i futuri amministratori!
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1 VON WARTBURG, W. (1922 ss.). Französisches Etymologisches Wörterbuch (FEW). Bâle: Zbinden. Vol. IX, 130b et s.
2 VON WARTBURG, W. (1922 ss.). Französisches Etymologisches Wörterbuch (FEW). Bâle: Zbinden. Vol. XII, 495b et s.
3 BETEMPS, A. (2006). La planta di senteucco. Dans: Nouvelles du Centre d'Études Francoprovençales « René Willien ». n° 53/2006, pp. 76-81.