Nella categoria dei beni culturali classificati come immateriali le feste e i riti che le accompagnano occupano una posizione privilegiata. Per qualsiasi comunità, una festa rappresenta un'occasione per ritrovarsi, un momento di condivisione e di incontro dal valore fortemente identitario.
In Valle d'Aosta, se le feste tradizionali sono ancora vive e vitali, anche se non sono naturalmente al riparo delle trasformazioni legate alla realtà attuale, è grazie all'attaccamento della popolazione locale alle proprie radici.
Ma che cosa significa oggi documentare una festa? Forse tentare di ricostituire l'evento secondo i canoni della tradizione oppure descriverlo come appare oggi, in modo realistico, come espressione di un contesto storico e socioculturale preciso?
È su questa seconda concezione che si basa il progetto di cooperazione territoriale transfrontaliera E.CH.I. - Etnografie italo-svizzere per la valorizzazione del patrimonio immateriale, che prevedeva, per la Valle d'Aosta - partner del progetto attraverso l'Assessorato regionale istruzione e cultura - la documentazione di venticinque feste ancora molto seguite che illustrano tradizione più o meno antiche.
Per analizzare le feste, si è deciso di prendere in considerazione quattro punti di vista: quello del fotografo, capace di coglierne i momenti forti e immortalarli "al volo"; quello del documentarista, capace di mettere in rilievo gli aspetti più dinamici e interattivi; quello dell'antropologo che ne sottolinea la dimensione etnografica, grazie soprattutto alle testimonianze dei protagonisti; e quelle dello spettatore occasionale, che legge gli avvenimenti in modo più emotivo, in funzione delle proprie osservazioni personali, delle proprie impressioni e sensazioni.
Il volume propone, all'alba del terzo millennio, uno scorcio della realtà delle feste valdostane, siano esse religiose o profane, diffuse in tutto l'arco alpino o nettamente locali.