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La parola del mese: il tarassaco (Taraxacum officinale W.)

26 marzo 2019

Marzo 2019

Il tarassaco, dal latino taraxacum, è una pianta molto diffusa in Valle d'Aosta e conosciuta soprattutto per i suoi usi alimentari: infatti, essa viene generalmente consumata nel periodo primaverile, in insalata, spesso accompagnata da uova sode e, per i palati più raffinati, condita con olio di noce.

Anche le voci dialettali per designare questa pianta sono molteplici e variegate, come pure sono numerosi i regionalismi ormai entrati a pieno titolo nel lessico delle lingue ufficiali o di cultura. Basti pensare al francese pissenlit, che richiama le proprietà diuretiche del tarassaco, e dent-de-lion, che fa riferimento alle sue foglie dentate, e alle voci corrispondenti dell'italiano ‘piscialletto' o ‘piscialetto' e ‘dente di leone'.

Le parlate francoprovenzali valdostane, dal canto loro, propongono una vasta gamma di soluzioni per indicare il tarassaco, da quelle più generiche a quelle più particolari e fortemente localizzate e costituiscono una rappresentazione in scala ridotta di una realtà linguistica che va ben oltre i confini sia regionali che nazionali.

Si riportano qui di seguito l'inventario e l'analisi dei principali tipi lessicali attestati nei patois della Valle d'Aosta:

  • Sicoria, secorie (l'uso del plurale è molto frequente), dal latino cichoreum (prestito dal greco kikkorion) ‘cicoria': in questo caso il tarassaco viene assimilato ad altre Composite con le quali condivide alcune caratteristiche come l'utilizzo delle foglie per preparare insalate e il sapore amaro. La voce sicoria è sovente accompagnata dall'indicazione di pra o di pró, ‘dei prati', verosimilmente per distinguerla da quella coltivata.

  • Salada di pra, saloda di pró (a seconda delle zone), ‘insalata dei prati', dal latino salatu (sal + suffisso –atu), ‘(cibo) salato': trattasi di una designazione molto generica, attestata solitamente come alternativa a termini più specifici, e atta a sottolineare l'uso alimentare di questa pianta.

  • Den dè tchun, ‘dente di cane': attestazione alquanto circoscritta e riconducibile alla forma delle foglie, similmente al già citato ‘dente di leone'.

    Diverse denominazioni fanno invece riferimento al latte, analogamente ad altre Composite erbacee come la lattuga, laitue del francese, dal latino lactuca, propriamente ‘erba lattiginosa', per l'umore contenuto che è lattescente.

  • Léquià: si potrebbe ipotizzare come probabile etimologia lactucata, dal latino lactuca (da lac, ‘latte); le stesse considerazioni si possono estendere alla variante liquèi. In altre parlate, liquià assume il significato di ‘siero del latte', da una base latina lactata.

  • Louttîe: è plausibile far risalire questo tipo lessicale, peraltro geograficamente molto circoscritto, al latino lactucaria (lactuca + suffisso).

  • Lèitreun: il latino lactarionem (lactem + un doppio suffisso, -ariu e –one) è verosimilmente all'origine di questa denominazione. Si confronti a questo proposito il francese laiteron, ‘crespigno', pianta erbacea delle Composite le cui foglie contengono una sorta di lattice.

    Il francoprovenzale valdostano, nella grande varietà dei dialetti che lo compongono, ha manifestato tutta la sua creatività nell'attribuire un nome al tarassaco, facendone risaltare le peculiarità e ricorrendo ad un vocabolario marcatamente diversificato, attraverso specifiche modalità:

  1. accomunando il tarassaco ad altre piante erbacee simili, della stessa famiglia;

  2. richiamandone l'uso alimentare;

  3. evidenziandone i caratteri morfologici;

  4. sottolineandone alcune proprietà quali la secrezione di un liquido lattescente.

Testo di Saverio Favre